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giovedì 26 marzo 2015
Fiscal Blogger (Equitalia no problem): Dirigenti “illegittimi” dell’Agenzia delle Entrate...
Fiscal Blogger (Equitalia no problem): Dirigenti “illegittimi” dell’Agenzia delle Entrate...: Dirigenti “illegittimi” dell’Agenzia delle Entrate e cartelle esattoriali di Equitalia: la Corte Costituzionale (sentenza n° 37/15) apr...
Dirigenti “illegittimi” dell’Agenzia delle Entrate e cartelle esattoriali di Equitalia: la Corte Costituzionale (sentenza n° 37/15) apre interessanti spiragli alle famiglie indebitate con il fisco.
Dirigenti
“illegittimi” dell’Agenzia delle Entrate e cartelle esattoriali di Equitalia:
la Corte Costituzionale (sentenza n° 37/15) apre interessanti spiragli ai
contribuenti indebitati. Cosa fare e possibili scenari per valere i propri
diritti.
Ebbene,
con la ormai nota sentenza della Consulta (n° 37/15), è stato stabilito che i dirigenti
dell’Agenzia delle Entrate (anche dell’Agenzia delle Dogane e del Territorio)
nominati senza aver “passato” un concorso pubblico, non potevano svolgere tale
compito.
In
altre parole, la questione è la seguente: tutti gli avvisi di accertamento
sottoscritti da tali funzionari (i quali esercitavano il ruolo dirigenziale con una nomina “illegittima”)
sono ancora validi ed efficaci?
1) Dunque,
per le “future” impugnazioni contro atti emessi dall’Amministrazione
finanziaria è del tutto logico iniziare a contestare il vizio della natura “illegittima”
del Dirigente: in tal caso, sarà l’Agenzia delle Entrate (ad esempio) a dimostrare
che il proprio Dirigente, il quale ha sottoscritto l’atto in questione, abbia ottenuto
detta nomina attraverso il concorso pubblico.
2) Non solo, i contribuenti potrebbero tentare di “resuscitare” i vecchi avvisi di accertamento
(notificati in passato) e già trasmessi (per la relativa riscossione) ad
Equitalia.
In
breve, la contestazione da sollevare potrebbe essere quella della inesistenza
dell’atto amministrativo, quindi se è viziato il provvedimento originario, dettasituazione, come una sorta di effetto domino, deve incidere anche sulle
cartelle di pagamento emesse da Equitalia (collegate, ovviamente, al primo atto
amministrativo).
A
ben vedere, sarebbe opportuno cominciare a depositare l’istanza di autotutela
innanzi all’Agenzia delle Entrate (delle Dogane e/o del Territorio) per
ottenere l’inefficacia di tali provvedimenti amministrativi e, in caso di “probabile”
(quasi certo) rigetto della domanda, impugnare il diniego innanzi alla
Commissione Tributaria Provinciale (su tale aspetto vedi anche http://equitalia-noproblem.blogspot.it/2015/02/latto-di-diniego-emesso-dallagenzia.html).
di Federico Marrucci
Avvocato Tributarista in Lucca e Pisa
(presso Studio Legale e Tributario Etruria)
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venerdì 20 marzo 2015
Ristrutturazione del debito del piccolo imprenditore e del consumatore (famiglia). Piano di rientro e stralcio del debito con Equitalia: è possibile regolarizzare la propria posizione debitoria con il Fisco (e non solo). Legge n° 3/12
Piano
di rientro e stralcio del debito con Equitalia: è possibile regolarizzare la
propria posizione debitoria con il Fisco (e non solo).
Legge n° 3/12
(Composizione della crisi da sovraindebitamento)
Ristrutturazione
del debito del piccolo imprenditore e del consumatore (ossia la famiglia).
Con
la legge n° 3/12, il piccolo imprenditore non fallibile (ad esempio il titolare
di un’impresa individuale, l’artigiano), ma anche il “consumatore”, ossia una “famiglia”
indebitata, possono regolarizzare la propria posizione con i propri creditori (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Banche etc.) attraverso la presentazione
di una semplice istanza da presentare al Tribunale del luogo in cui abita.
Come,
dove presentare la domanda e quanto costa
Il
“costo” della domanda è pari ad €. 98,00 per il contributo unificato e €. 27,00
per marca da bollo e la richiesta deve essere presentata presso la cancelleria
della “Volontaria Giurisdizione” nel Tribunale competente, ossia il luogo in
cui abita l’interessato.
Una possibile soluzione dei problemi
La
norma è interessante e viene in soccorso a tutti quei debitori che, ad esempio,
a)
hanno un enorme debito con Equitalia e non sono in grado di rateizzarlo;
b)
hanno rateizzato il debito, ma non riescono più a pagare le rate
mensili;
c)
sono esposti al rischio di azioni esecutive (pignoramenti) o cautelari
(ipoteche) da parte dei proprio creditori.
In
buona sostanza, per effetto della domanda presentata dal debitore, il Tribunale
si occuperà di nominare un professionista, il quale avrà il compito di redigere
l’accordo da far sottoscrivere alle parti interessate.
Il
cittadino che non riesce più a pagare il debito con Equitalia (quantificato
attraverso le cartelle notificate) attivando questo nuovo procedimento, evita –
in primo luogo - di subire pignoramenti sul conto corrente, sullo stipendio,
sulla propria autovettura e/o ipoteche sul proprio immobile di proprietà e, in secondo luogo, può
beneficiare di un saldo e stralcio, parametrato realmente con la propria
situazione reddituale, finanziaria e patrimoniale (capacità economica).
Tale
“accordo”, laddove venga “omologato” (autorizzato) dal Tribunale, sarà
vincolante per tutti i creditori, inclusa Equitalia (ovviamente).
di Federico Marrucci
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lunedì 16 marzo 2015
Il contribuente deve conoscere le ragioni del controllo tributario/fiscale (c.d. fishing expedition). Divieto di ricerca indiscriminata delle prove.
Vademecum del cittadino
Il contribuente deve conoscere le ragioni del controllo tributario dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.
Divieto di ricerca indiscriminata delle prove (c.d. fishing expedition)
Un'interessante difesa che il contribuente potrebbe sostenere nel proprio ricorso è quella relativa al divieto (posto a carico dell'Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, per esempio) di ricercare in modo indiscriminato le prove, durante un'indagine tributaria.
Questo principio viene denominato "fishing expedition", ossia - come si può facilmente intuire - la spedizione di pesca (la ricerca al "buio").
Ma andiamo per ordine e analizziamo anche le normative presenti nel nostro ordinamento.
La
fase istruttoria di una qualsiasi verifica fiscale comincia con la formale richiesta
dell’Ufficio competente, con la quale, ai sensi
dell’art. 51, D.P.R. n° 633/72 e art. 32, D.P.R. n° 600/73, vengono richiesti
determinati documenti al contribuente.
Le
due norme affermano che l’Ufficio in ipotesi “di accessi,
ispezioni e verifiche” invita il contribuente (o il suo rappresentante) sia a
dare “dati e notizie”, sia a consegnare “documentazione”: tali richieste sono subordinate
alla circostanza che il Fisco debba indicare “il motivo” per cui è disposto
questo adempimento ad onere del cittadino.
E' del tutto evidente che la legge italiana
impone agli Uffici di motivare le proprie attività istruttorie e,
implicitamente, vieta le indagini al “buio”.
Non solo: l’art. 12, comma 2 della Legge n°
212/2000, ossia lo “Statuto dei diritti del contribuente” (“diritti e garanzie
del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) afferma:
“quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere
informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la
riguarda”.
Con
detto termine, si indica quella ricerca di prove condotta senza un criterio
logico o presuntivo, ossia senza sapere in quale direzione orientare
l’istruttoria.
Tale
indagine esplorativa, finalizzata a sostanziare un sospetto di illecito
(tributario) per il quale non vi siano sufficienti indizi, è ritenuta vietata,
in quanto in violazione del principio di proporzionalità.
A
ben vedere, la giurisprudenza europea è ormai consolidata nel vietare, anche in
materia di istruttoria fiscale, lo svolgimento di fishing expedition: siffatta
regola discende, evidentemente, dal generale principio di proporzionalità,
derivante dal processo penale tributario (che fissa il limite di compressione
di diritti fondamentali, in ipotesi di indagine documentale).
A sostegno di questa tesi difensiva, l'art. 41, comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea statuisce che ogni provvedimento della Pubblica Amministrazione deve essere motivato.
di Federico Marrucci
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mercoledì 4 marzo 2015
Equitalia deve sempre allegare l'originale delle cartelle esattoriali contestate con attestazione di conformità (C.T.P. di Matera, n° 466/01/14)
Equitalia deve sempre allegare l'originale delle cartelle esattoriali contestate con attestazione di conformità (C.T.P. di Matera, n° 466/01/14)
Sentenza della Ctp di Matera sulle omesse notifiche.
L’estratto di ruolo non
basta.
Quando il contribuente eccepisce in giudizio l’omessa notificazione di cartelle di pagamento, Equitalia ha l’obbligo di allegare l’originale delle cartelle contestate o una copia integrale delle stesse, con attestazione di conformità all’originale.
Sono le conclusioni che si leggono nella sentenza n° 466/01/14 della Ctp di Matera.
Solitamente Equitalia, a riprova della notifica di determinate cartelle esattoriali, deposita al processo il noto "estratto di ruolo" (ovvero sia il prospetto riepilogativo dei debiti del contribuente ad Equitalia) oppure delle semplici copie fotostatiche delle cartelle stesse, ma tali documenti non sono sufficienti a dimostrare il perfezionamento della notifica.
In tale caso, le cartelle contestate devono essere annullate.
di Federico Marrucci
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